Ogni giorno un piccolo commerciante si alza e sa che dovrà fare i salti mortali per sopravvivere alla burocrazia e al fisco italiani. Tutto ciò, unito alla concorrenza delle multinazionali che hanno preso piede negli ultimi anni e alla crisi derivata dalla pandemia, rischia di danneggiare irreparabilmente il tessuto delle piccole imprese.

La crisi attuale può essere l’occasione per riformare il sistema fiscale e, più in generale, il rapporto tra contribuente e erario, da sempre complesso e conflittuale.

L’apertura del Governo in tal senso, annunciata dalla Castelli, arriva all’indomani della presa d’atto che la fatturazione elettronica non è riuscita a far emergere il sommerso che ci si aspettava. In altre parole, la strada presa ormai da qualche anno dal fisco per far emergere il “nero” non ha portato i risultati sperati, probabilmente perché in Italia la pressione fiscale è talmente alta e gli adempimenti ad essa collegati talmente complessi da essere insostenibili per un mondo dove il negoziante di quartiere si trova a dover competere tutti i giorni con multinazionali che nel nostro paese di tasse ne pagano poco o nulla.

La proposta del G.O.I.A. di una “tassa unica” si basa pertanto su tre pilastri:

  1. semplificazione normativa (poche regole e chiare)
  2. riduzione del contenzioso fiscale (costi certi per chi fa impresa)
  3. riduzione del carico fiscale e contributivo complessivo.

E avrebbe queste caratteristiche:

  • accesso facoltativo al regime
  • no obbligo registrazione corrispettivi/esclusione dalla c.d. “lotteria degli scontrini”
  • possibilità di versamenti trimestrali
  • definizione della tassa da pagare in base a caratteristiche/parametri/rischio d’impresa.

La tassa unica era già stata una delle richieste oggetto della manifestazione del G.O.I.A. del 22 gennaio scorso. All’appello avevano risposto politici di ogni schieramento, tra cui spicca il Presidente del Veneto Zaia.

Perché lo Stato dovrebbe accettare di ridurre volontariamente le sue entrate?

Essenzialmente per due motivi:

  1. l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza impiegano complessivamente quasi 100mila persone, che con mezzi e strutture annessi, rappresentano un costo enorme per il bilancio dello Stato. Semplificare il sistema tributario dei piccoli permetterebbe di impiegare in modo più intelligente queste risorse (tipo verso le grandi frodi internazionali e non nella “caccia allo scontrino”)
  2. Un fisco più semplice ed equo renderebbe le imprese nazionali più competitive verso le grandi realtà multinazionali: le ricadute a beneficio di tutti sono scontate.

E i commercialisti?

Certamente il lavoro del commercialista ne risulterebbe notevolmente semplificato, con costi minori per gli stessi ma anche per i loro clienti. C’è però da dire che questi professionisti potranno così dedicare più tempo a fare consulenza ai propri clienti non solo più per gestire i (non più) complessi rapporti col fisco ma per far crescere e prosperare le imprese da loro seguite.

Del resto sono finiti i tempi in cui il lavoro era sempre uguale per decenni e le attività professionali erano limitate all’aspetto burocratico delle aziende. Oggi i bisogni di aziende e partite iva sono cambiati e una notevole semplificazione del sistema fiscale può portare il mondo di imprese e professionisti a spostare risorse ora dedicate alla “sopravvivenza” a ciò che nel nostro paese sembra ormai un miraggio: lo sviluppo economico.

Gregory Massa