Su TGCOM24 va in onda il teatrino di Errico, ma gli ambulanti non ci credono più 

Tante polemiche per giustificare anni di immobilismo con cui il presidente della Fiva cerca di fare suoi i risultati di altri, che ha sempre ostacolato, ma ormai è tardi: la categoria non si lascia più soggiogare.

La prima sensazione che ho provato nel vedere le immagini dell’intervento TV del presidente della Fiva Errico è stata la profonda tristezza nei confronti del tentativo disperato di soggiogare, ancora una volta, una categoria che non è sua: l’abbiamo visto recentemente a Pordenone e ad Asti, entrambi capoluoghi di provincia dove la Fiva gestisce eventi e fiere (a pagamento), ma dove non ha mosso un dito verso le gravi vicende che hanno visto la messa in discussone di oltre mille posti di lavoro sui mercati settimanali, cioè quelli che dice di rappresentare e difendere.

Tanto basterebbe al Sottosegretario Bitonci per capire che la sua millantata rappresentatività della categoria non sta né in cielo né in terra.

Sia ben chiaro, le brave persone ci sono dappertutto, tant’è che l’impressione è che questo atteggiamento stia iniziando a stancare anche chi gli sta attorno, in Friuli l’intervento del GOIA teso a risolvere le difficoltà per i rinnovi di Pordenone tramite la legge regionale è stato condiviso anche dalla Confesercenti regionale e – ovviamente – dalle stesse autorità regionali, con cui si è giunti ad un testo risolutivo.

Ad Asti, invece, è stato lo stesso direttore della Confcommercio locale a condividere buona parte delle richieste del GOIA al comune durante un incontro formale, insomma, parlando a vanvera di stregonerie e pasticci, il personaggio finisce per insultare anche i suoi e le istituzioni con cui si lavora da anni per cercare di dare certezze (e non ricatti) ad una platea di oltre 170mila famiglie. 

Per quasi dieci anni ha cercato in tutti i modi di portare avanti la sua “intesa”, che a sua detta avrebbe dovuto garantire il rinnovo perpetuo a tutti i colleghi, nonostante il ministero avesse risposto contrariamente già nel 2014, e che nella sola Bologna ha fatto sparire da un giorno all’altro un intero mercato. 

Ora che il ddl concorrenza andrebbe a cassare totalmente questo meccanismo a favore dei rinnovi avviati d’ufficio – voluti dal GOIA – canta vittoria, una vittoria che in realtà è della categoria con cui non è mai sceso in piazza, e che ci auguriamo possa essere tale visto che l’idea del Governo è di annullare contemporaneamente la norma che ci esclude formalmente dalla direttiva servizi – andando così a contraddirsi pericolosamente, mostrando il fianco ad eventuali ricorsi.

Parla di “professionalità”, come se bastasse fare una domandina per comprarla, ma evidentemente non ha visto (o fa finta di non vedere) il degrado che c’è in molti mercati, per cui servirà ben altro che un’istanza al comune per riqualificarli. 

Da quando è stato emanato il decreto Bersani sono passati venticinque anni, in questo periodo il mondo, e il commercio, sono completamente cambiati, per rilanciare un settore che negli ultimi cinque anni ha perso oltre il dieci per cento delle sue imprese (cioè più di un ambulante su dieci ha chiuso) è necessaria una riforma organica che vada a toccare tutti gli aspetti che riguardano il commercio e l’imprenditorialità, inserendo tutele e semplificazioni di cui vent’anni fa non se ne sentiva il bisogno. 

Solo una cosa non è cambiata in tutto questo tempo: il vecchio modo di “fare” sindacato, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. (CONTINUA DOPO LE IMMAGINI)

Le immagini. In alto, gli ambulanti del mercato di Asti sfilano sotto la pioggia per difendere il loro lavoro e anni di sacrifici. Qui sopra, proroga della gestione delle fiere di Asti alla FIVA e i risultati dell’azione del GOIA sul mercato di Pordenone dove il comune non chiedeva una “domandina” ma pretendeva di selezionare i nuovi operatori senza garantire il lavoro agli attuali regolari. 

Due parole sul supposto obbligo di messa a bando dei posteggi nei mercati. 

In Italia il commercio su aree pubbliche e il commercio in sede privata – che sono in concorrenza diretta poiché possono vendere gli stessi prodotti – sono per così dire “limitati” entrambi da provvedimenti comunali quali sono il Piano mercati e il Piano regolatore, no di certo da scarsità di risorse naturali, del resto non c’è legge che vieti al comune di aprire nuovi mercati sul suo territorio, qualora ve ne sia la necessità (e la richiesta) senza andare a danneggiare chi già è presente nel settore.

L’adozione di questi provvedimenti (piano mercati e piano regolatore) dovrebbe agevolare al massimo l’iniziativa privata salvo motivi imperativi di interesse generale (quale la tutela dell’ambiente, del paesaggio, del tessuto urbano ecc..) al punto che neanche per l’apertura di grandi strutture di vendita (con l’eccezione dell’Alto Adige) è previsto l’espletamento di procedure di bando, benché l’apertura di esse sia evidentemente limitata dalle disposizioni urbanistiche vigenti (non potete aprire un supermercato su un terreno agricolo).

La riprova dell’assenza di limitazioni concrete al commercio ambulante è evidente nella drammatica abbondanza di posteggi liberi nelle piazze, infatti, come abbiamo sempre detto, per parlare di concorrenza bisognerebbe iniziare a parlare di una legge nazionale che preveda l’assegnazione periodica di queste postazioni libere, incentivando la diversificazione dell’offerta commerciale. 

Ora, nel ddl concorrenza viene finalmente affrontato questo aspetto (assegnazione periodica dei posti liberi), e tanto dovrebbe bastare a garantire l’accesso al settore in forza di quanto sopra premesso, ma evidentemente qualcuno sta ancora pensando di usare i mercati come vittime sacrificabili sull’altare del PNRR, del resto è più facile mettere i mercati nella Bolkestein che alleggerire fisco e burocrazia, veri nemici del fare impresa in Italia.

Gregory Massa