Premessa – di cosa stiamo parlando

Per aprire un’attività di commercio e somministrazione di alimenti e bevande è richiesto, oltre ai requisiti morali previsti anche per il commercio non alimentare, il possesso del requisito “professionale” abilitante la vendita di merce alimentare.

Il possesso del requisito non è previsto per le attività di commercio alimentare all’ingrosso mentre, per le sole attività di somministrazione (bar, ristoranti ecc), è inoltre previsto un ulteriore aggiornamento periodico, definito dalla normativa regionale.

Il requisito non è necessario per le attività che vendono alimenti non destinati al consumo umano, ad esempio per la vendita di mangime per animali.

Chi deve possederlo?

Il requisito professionale può essere posseduto dal titolare o dal legale rappresentante (se si tratta di società) oppure da altra persona specificatamente preposta all’attività commerciale (il c.d. “preposto”).

In cosa consiste?

I requisiti per l’esercizio dell’attività possono venir conseguiti nei seguenti modi:

  1. Titolo di studio.  Essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purche’ nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti. Il Mise ha diramato con la circolare n. 3642/C del 15 aprile 2011 una disamina sui titoli ritenuti compatibili con questa disposizione. Per quanto riguarda i titoli rilasciati da enti di istruzione e formazione professionale, essendo soggetti a normativa regionale, la circolare rimane generica ferma restando la durata minima di tre anni e in caso di dubbio occorre contattare gli uffici regionali competenti. Anche i titoli di studio conseguiti all’estero sono valevoli per il riconoscimento del requisito previa attestazione dell’equipollenza con i titoli nazionali richiesti. Nel caso di titoli esteri rilasciati da scuola secondaria superiore o università è necessario contattare l’URP del Ministero dell’Istruzione e del Merito invece, per le qualifiche professionali, è necessario richiedere il riconoscimento presso l’ufficio preposto al Ministero delle Imprese e Made in Italy (ex Mise).
  2. Pratica commerciale. Avere, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio (titolare/legale rappresentante) attivita’ d’impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualita’ di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualita’ di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti (preposto incluso) o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell’imprenditore, in qualita’ di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’Inps. Generalmente il requisito viene dimostrato con documenti comprovanti l’attività svolta (es visura camerale, estratto dal fascicolo previdenziale ecc) e nel computo degli anni non possono venir presi in considerazione i periodi di apprendistato, come chiarito dalla Risoluzione del MISE n. 5885 del 14 gennaio 2011.
  3. Corso SAB. Avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano. Si tratta di un corso abilitante, con esame finale generalmente sostenuto in camera di commercio. La durata, che varia da regione a regione, in genere è compresa tra le 60 e le 120 ore. L’attestato non ha scadenza, indipendentemente dall’avvenuto avvio dell’attività.
  4. Pregressa iscrizione al REC (Registro Esercenti il commercio). Essere iscritta/o al Registro esercenti del commercio per l’attività di somministrazione alimenti e bevande e/o per l’attività di vendita per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’art. 12, comma 2, del D.M. 4/8/1988, n. 375 (TABELLE I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII) presso la C.C.I.A.A. (si tratta di un requisito che poteva essere ottenuto fino al 2006 attraverso un esame simile al SAB).
  5. Superamento esame REC senza iscrizione al Registro. Aver superato l’esame di idoneità dell’attività di somministrazione alimenti e bevande e/o per l’attività di vendita per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’art. 12, comma 2, del D.M. 4/8/1988, n. 375 (TABELLE I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII) presso la C.C.I.A.A. (si tratta di un requisito che poteva essere ottenuto fino al 2006 attraverso un esame simile al SAB).

Come deve essere inquadrato il preposto?

La figura del preposto all’attività commerciale, necessaria qualora il titolare non sia provvisto dei requisiti, può essere senz’altro assunta da un dipendente, o da altra persona operante nell’ambito dell’attività commerciale (collaboratore familiare, socio lavoratore ecc). Con la Ris. n. 182611 del 17 maggio 2017 , il Mise ha inoltre chiarito che la figura del preposto – contrariamente a quanto previsto, ad esempio, per la figura del direttore tecnico di acconciatori ed estetisti – può essere ricoperta anche da persona non necessariamente legata contrattualmente al soggetto titolare dell’attività e non è neppure necessario che il preposto sia costantemente presente nell’attività, al punto che lo stesso soggetto può risultare preposto di più attività contemporaneamente. Ciò non fa venire meno le responsabilità del soggetto preposto nel caso di violazioni amministrative o sanitarie, di cui il titolare sarà sempre considerato obbligato in solido.

Quale ente è incaricato alla verifica di tale requisito?

Il Comune dove si intende avviare l’attività è l’ente pubblico preposto a tali verifiche, per cui in fase di apertura dell’attività occorrerà allegare opportuna dichiarazione alla SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) presso il SUAP competente (sportello unico attività produttive).

Altri adempimenti specifici dovuti per avviare un’attività alimentare.

1. Piano di autocontrollo – sistema HACCP. Le attuali norme vigenti in materia di igiene degli alimenti (reg. CE 852/2004) impongono alle imprese presenti nella filiera alimentare di munirsi di un piano di autocontrollo al fine di eliminare, o ridurre per quanto possibile, i fattori di rischio legati alla conservazione degli alimenti.

Questo adempimento assume particolare importanza, indipendentemente dagli obblighi legali, per quelle attività dove si trattano prodotti freschi e soggetti a rapido deperimento (carne, pesce, salumi e formaggi), per i quali è consigliabile farsi seguire da un consulente in materia.

In fase di apertura, comunque, l’impresa alimentare deve allegare alla SCIA una notifica che viene inoltrata all’Asl di competenza, dove si dichiara la conformità dell’attività alle norme igienico – sanitarie vigenti; sebbene siano pochi i comuni che al momento  chiedono di allegare alla pratica di apertura il piano di autocontrollo vero e proprio, in caso di controlli da parte di comune o Asl sarà necessario esserne muniti (le sanzioni possono essere molto pesanti).

Il corso SAB fornisce anche elementi legati alla gestione dell’autocontrollo HACCP in azienda quindi, pur non facendo venire meno alcun obbligo in materia igienico sanitaria, lo studente sarà in grado di gestire anche questo aspetto.

2. Vendita di funghi epigei spontanei (non coltivati). Per la vendita di funghi spontanei la normativa vigente (DPR 376/1995) prevede un’abilitazione specifica che si ottiene sostenendo un esame presso l’Asl dopo la frequentazione di un corso specifico e relativa comunicazione al SUAP di riferimento.

Fermo restando che anche qui possono esserci delle differenze di dettaglio nella disciplina tra regione e regione, generalmente è necessario che questo requisito sia posseduto dal titolare/legale rappresentante o dal dipendente direttamente preposto alla vendita dei funghi.

3. Vendita di alcolici. Sebbene non siano richiesti particolari requisiti per la vendita di alcolici, occorre che ciò venga segnalato al SUAP per le comunicazioni di competenza dell’Agenzia delle Dogane.

Nell’ambito del commercio su aree pubbliche, la vendita di alcolici e superalcolici è tendenzialmente vietata dall’art. 30 D.Lgs. 114/98 salva la vendita in recipienti chiusi di capienza non superiore ai 33 cl per gli alcolici e 20 cl per i superalcolici. Anche qui, le regioni sono intervenute a inserire delle deroghe specifiche per le sagre/fiere dove viene effettuata somministrazione di alimenti e bevande e per la vendita e la promozione di prodotti tipici del territorio (dove spesso troviamo il vino e, da qualche anno, la birra artigianale).

Per il commercio in sede fissa la vendita di alcolici è vietata dalle h 24 alle h 6 (se si tratta di distributori automatici, il divieto prosegue fino alle h 7).

Per le attività di somministrazione il divieto invece scatta dalle h 3 e la vendita non può essere ripresa per le 3 ore successive.

Trattandosi di disposizioni che possono essere soggette a modifiche (restrittive) da parte del questore, è consigliabile sempre sentire il SUAP competente per averne conferma.

Per domande, curiosità, suggerimenti o assistenza all’apertura di un’attività potete contattarci all’indirizzo info@goianazionale.it

Da quest’anno il GOIA organizza il corso SAB presso la sede di Torino, nel volantino trovate il contatto diretto per maggiori info.