21 aprile 2020

Andiamo per ordine: dopo oltre un mese di lockdown, il 10 aprile il Presidente Conte esce con un nuovo Decreto con cui si dispongono le aperture di tutta una serie di attività produttive, con la possibilità di sbloccarne tutta la filiera, previa comunicazione al prefetto.

Seguono una miriade di comunicazioni ai vari prefetti d’Italia, tra tutte spicca la posizione del Presidente Zaia, che promuovendo una riapertura attenta e sicura, commenta in merito ai danni al settore tessile “il virus non distingue i codici ATECO”. Anche il GOIA avvia un dialogo istituzionale in questo senso.

Di recente abbiamo postato sulla pagina FB lo sfogo di un imprenditore del tessile..

Sull’onda di queste richieste, nell’informativa al senato di oggi Conte frena di nuovo: “non possiamo affidarci a decisioni estemporanee pur di assecondare una parte dell’opinione pubblica o di soddisfare richieste di alcune categorie produttive, di singole aziende o di specifiche regioni”. In pratica stiamo assistendo  ad un altro, ulteriore, stop.

https://www.ilsole24ore.com/art/conte-riaprire-tutto-subito-sarebbe-irresponsabile-settimana-piano-4-maggio-ADJhYaL

Quello che (forse) sfugge agli esperti di Palazzo Chigi è che quello che è stato spacciato per un “lockdown alla cinese” in Italia, è invece stato il solito pasticcio all’italiana, lasciamo perdere gli scandali sulla gestione dell’epidemia che stanno venendo alla luce solo ora, un po’ alla volta, ma guardando alle code interminabili di fronte ai supermercati ci dovremmo chiedere fino a che punto sia lecito permettere che migliaia di sindaci non autorizzino lo svolgimento dei mercati alimentari, che sono attività commerciali all’aria aperta, previste dai DPCM, mandando così i propri cittadini in luoghi dove, nella gran parte dei casi, i manici dei carrelli non vengono sterilizzati dopo ogni utilizzo, i reparti dell’ortofrutta continuano ad essere self-service e non avviene sempre un ricambio d’aria sufficiente come raccomandato dalle stesse norme igieniche.

https://www.ilmessaggero.it/salute/ricerca/coronavirus_tosse_colpo_supermarket_cosa_accade_scaffali_studio_animazione_9_aprile_2020-5162313.html?fbclid=IwAR3bndDmm1sZbR_1fa25rQCMO1UJy1r43YCbg9N2S9tF_DiGjThNIMLOc2o

Insomma, il peso del lockdown non cade su tutte le imprese, ma più che altro sui piccoli commercianti i quali fissi, ambulanti, ristoratori, si ritrovano con il banco o la bottega chiusi ormai quasi da due mesi (e c’è chi, come il settore fieristico, ha dovuto smettere di lavorare già da febbraio) devono cercare di sbarcare il lunario con un’indennità di 600 euro (che non è ancora arrivata a tutti) e altri pochi sostegni.

E ovviamente ciò incide anche sulle filiere retrostanti.

Sì, perché quei produttori, fornitori di servizi, grossisti che anni fa, quando la GDO iniziava a incalzare in Italia fecero la scelta di continuare a lavorare con i “piccoli” ora si trovano enormemente danneggiati da questa scelta, alla faccia della tutela della concorrenza.

Lo Stato dovrebbe favorire l’apertura di mercati e piccoli esercizi, perché all’aria aperta o comunque facilmente areabili (come avviene in Austria, dove il cancelliere Kurz ha disposto la riapertura degli esercizi commerciali sotto i 400 mq) invece assistiamo ad una politica tutta tesa alla tutela del grande capitale.

https://www.ilsole24ore.com/art/dalla-chiusura-ripartenza-cosi-l-europa-avvia-fase-2-l-austria-fa-battistrada-ADg9ojI

E non avviene solo a livello di DPCM, anche le regioni fanno la loro parte: la Lombardia ha addirittura vietato l’apertura dei mercati all’aria aperta, non importa quanto grandi e dove siano collocati, mentre il Piemonte è riuscito a bloccare il settore florovivaistico perché “interpretava” male un DPCM e vieta tuttora l’apertura delle librerie, ragionevole? Forse, ma intanto nei supermercati piemontesi i libri si continuano a vendere…

https://www.lastampa.it/torino/2020/04/17/news/coronavirus-la-beffa-dei-fiorai-di-torino-autorizzati-dal-comune-bloccati-dalla-regione-1.38728549

Il nocciolo della questione, che si ribalterà sui conti pubblici di fine anno, è che le grandi multinazionali pagano notoriamente poco al fisco italiano, e sono le uniche che in questo momento stanno facendo incassi da record. I piccoli invece, che foraggiano le casse erariali per arrivare a 70 anni e prendere poco più di una pensione minima, sono fermi con le quattro frecce.

Nessun politico ha pensato ad una “Robintax” per la GDO e Amazon?

Il problema è che anche l’attività di Parlamento e Consigli regionali, che in questo momento dovrebbero vigilare sulla corretta applicazione delle norme e sul rispetto dei diritti dei cittadini, è stata ridotta ai minimi termini, de facto esautorati dagli organi esecutivi, così assistiamo ad un continuo rimpallo di ordinanze e decreti tra Stato e Regioni dal sapore molto politico e poco costruttivo.

Mentre – ad esempio – i grandi centri di smistamento alimentare ospitano tutti i giorni migliaia di lavoratori (che non prendono certo lo stipendio dei parlamentari!) per garantire – nel rispetto delle norme igienico sanitarie – l’approvvigionamento alla popolazione, l’attività delle assemblee è ridotta ai minimi termini, per dirla con Bruno Vespa, è come se il paziente fosse malato – l’Italia – e il medico fosse assente.

https://www.facebook.com/brunovespaofficial/videos/1861599157305242/

Ma veniamo al dunque, se il Governo non interviene al più presto per agevolare e promuovere l’apertura del piccolo commercio in Italia, le conseguenze, come già certificato dall’Istat, sarebbero disastrose non solo sotto l’aspetto economico e occupazionale ma anche, temiamo, dell’ordine pubblico.

Gregory Massa